Nuove droghe e poliabuso: i cambiamenti del fenomeno della tossicodipendenza dagli anni Settanta ad oggi.
La storia dell’uso di sostanze affonda le sue radici in un passato molto antico: alcune recenti scoperte fanno risalire l’uso di sostanze psicoattive già all’Età del Bronzo (tra il 2300 e il 900 a.c.). Da allora, il mondo delle sostanze psicotrope ha subito enormi mutamenti che hanno cambiato notevolmente non solo le finalità del ricorso alle droghe, ma anche la tipologia di assuntori e le modalità di trattamento. Scopriamo insieme come…
Data:
12 Gennaio 2024
In Italia, tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta lo scenario della tossicodipendenza era dominato dall’eroina, determinando modalità di assunzione e azioni terapeutiche e farmacologiche sostanzialmente uniformi. A partire dagli anni Novanta, invece, si assiste ad un profondo mutamento di tale scenario, caratterizzato sempre più dall’utilizzo della cocaina e, successivamente, dall’arrivo delle cosiddette droghe sintetiche. Tale ampliamento del ventaglio di opzioni di sostanze psicoattive ha inevitabilmente investito la comunità scientifica e la società, determinando la necessità di trovare nuove risposte adatte alla complessità crescente del fenomeno. È infatti proprio in quegli anni che si inizia a parlare di poliabuso, termine con cui si fa riferimento al consumo da parte della stessa persona di sostanze diverse, tra cui non solo l’eroina e la cocaina, ma anche acidi e altre droghe sintetiche. Contemporaneamente, si diffondevano ulteriormente altre forme di dipendenze “tradizionali”, quali alcol, cannabis e tabacco. Tale cambiamento ha determinato l’esigenza di intervenire in modo personalizzato sul disturbo, passando da un approccio unico al problema ad un approccio “tailor-made”, ossia costruito sulla problematica specifica di una persona.
Anche il costo delle droghe è divenuto via via più accessibile nel tempo con un conseguente abbassamento dell’età media delle prime esperienze, che attualmente sembra riguardare sempre di più gli adolescenti. E mentre l’età media di accesso alle droghe si abbassa, aumenta la complessità dei quadri clinici associati alla tossicodipendenza, sempre più legata alla compresenza di disturbi mentali. La quarta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-IV) è arrivata a individuare ben 11 diverse classi di sostanze coinvolte: alcool, nicotina, amfetamine, caffeina, cannabis, allucinogeni, inalanti, oppiacei, fenilciclidina, sedativi e ansiolitici, riconoscendo la distinzione tra due principali tipi di disturbo mentale associati alle droghe: i disturbi diretti dovuti all’uso, ossia la dipendenza e l’abuso, e quelli indotti, che includono una lunga lista di conseguenze indirette.
Arrivando ai nostri giorni, sempre più diffuse sono le cosiddette NPS- “Nuove Sostanze Psicoattive”, gruppo di molecole di origine sintetica che mimano gli effetti delle sostanze psicoattive più conosciute, come la cannabis, l’ecstasy e l’LSD e che, essendo state modificate chimicamente, ne conservano il potere stupefacente ma non sono ancora considerate illegali fino a che la loro struttura e composizione non verrà identificata. Questa mancata conoscenza da un punto di vista scientifico di tali sostanze non rende ancora possibile identificare gli effetti tossici a lungo termine delle stesse. Tra le NPS maggiormente in uso in Italia troviamo, ad esempio, i cannabinoidi sintetici e gli oppioidi sintetici.
Infine, sempre più diffuso sembra essere il ricorso improprio ad alcuni tipi di farmaci, in particolare una classe denominata benzodiazepine, che a dosi normali vengono utilizzati per il trattamento dell’insonnia o dell’ansia e che, combinate con altre sostanze o assunte in quantità eccessiva possono determinare dipendenza e gravi conseguenze a lungo termine.
Area tematica Uso vs dipendenza da sostanze a cura della Dott.ssa Rosa Vitale, Psicologa Psicoterapeuta DSMPD Asl Frosinone
Ultimo aggiornamento
17 Settembre 2024, 16:35
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